La malora by Beppe Fenoglio

La malora by Beppe Fenoglio

autore:Beppe Fenoglio [Fenoglio, Beppe]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Giulio Einaudi Editore
pubblicato: 2013-05-20T22:00:00+00:00


***

Non c’era nessuno delle parti del Pavaglione che potessi dirmelo amico, ma non avevo neanche dei nemici, salvo forse un balordo che senza avanzar niente da me e soltanto per far lo spiritoso m’aveva attaccato una festa a Manera, ma m’abbrivò solo a parole. Dai primi tempi conoscevo ormai una partita di gente, e quasi tutta l’ho conosciuta dentro i muri del Pavaglione; perché la casa di Tobia era la prima bisca di quei posti. Baldino, il figlio più giovane, aveva la mano santa con le carte, Tobia gli aveva consegnato il mazzo e lui se lo teneva stretto, non l’imprestava nemmeno a Jano, neanche per lasciargli fare una partita di prova con me. Le sere fisse, Baldino tirava fuori il suo mazzo, che nessuno della casa sapeva dove lo nascondesse, e lo mischiava per mezz’ora e senza mai alzar gli occhi, finché alla porta della stalla bussavano i giovani di tutto lì intorno; e dopo due ciance tanto per mascherar la febbre, si cominciavano i tagli al nove. Tobia s’inginocchiava dietro a Baldino e gli studiava il gioco da sopra la spalla, per ridere forte quando Baldino scopriva la sua carta superiore e dargli uno schiaffetto sul collo quando ramazzava la posta.

Io perdevo più o meno in fretta i miei pochi e m’allungavo da parte sulla paglia a guardare un po’ il gioco degli altri e un po’ la padrona che filava in un angolo. Jano era come me alle carte, che aveva sempre la sfortuna in favore, ma al contrario di me s’illudeva di potersi rifare, e quando aveva perso tutto il suo chiedeva a Baldino che gli imprestasse sul suo guadagno, ma mai una volta che Baldino gli abbia imprestato un soldo, e in questo era spalleggiato da Tobia che ci speculava e conosceva suo figlio più vecchio per una testa perdente.

A proposito del gioco, anche lassù da noi il vizio è incarnito e giocano forte, specie a Murazzano, ma non c’è nessun confronto con le langhe basse, dove in una notte si giocano delle cascine di sessanta giornate e dove spuntano dei giocatori di tanta forza che poi girano il mondo, conosciuti per nome nelle bische d’Alba, d’Asti e di Torino, e che vanno a giocare perfino in Francia. E’ capitato a me di vedere un uomo di Lequio che aveva vinto un milione a Montecarlo. S’era fermato al bivio di Manera, tutto vestito di nuovo dal cappello alle scarpe, e teneva la vincita in un pacchetto appeso al dito, un pacchetto come quelli che fanno in Alba per le paste dolci. Tutta la gente intorno a Manera correva a vederlo come un baraccone, lui aspettava che se ne fosse radunata un po’, poi alzava il dito e mostrava in giro il pacchetto dei soldi, e diceva: - Tutto quello che vedo posso comprarmelo. O buona gente, posso farvi diventar tutti miei mezzadri -. Era un uomo di Lequio.

Non fosse stato per il gioco, forse non avrei fatto la conoscenza di Mario Bernasca. Era il partitante



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